Come aggiornamento del sito degli Annali di Neurologia e Psichiatria, sezione di Psichiatria, si evidenziano alcune iniziative editoriali e si pubblicano dei materiali che a vario titolo sono collegati alla Rivista, nata nel 1907 con Cesare Agostini all’interno dell’Ospedale Psichiatrico “Santa Margherita” di Perugia.

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Dal Novembre 2020 i numeri dal 1996 al 2000 degli Annali (dal primo fascicolo dell’anno XC al supplemento del secondo fascicolo dell’anno XCII) sono stati pubblicati anche sul sito ASPI, Archivio Storico della Psicologia Italiana, sezione Riviste, presso l’Università di Milano-Bicocca, (https://www.aspi.unimib.it/collections/entity/detail/445/), con una breve nota introduttiva di Antonio De Pascalis:

Cesare Agostini, Perugia ca. 1920

La rivista, nella veste di Annali dell’Ospedale psichiatrico in Perugia. Autoriassunti e riviste di psichiatria e neuropatologia, fu fondata nel 1907 da Cesare Agostini (1864-1942), direttore dell’Ospedale psichiatrico “Santa Margherita” di Perugia, sulla scia del tradizionale Rapporto triennale statistico-medico pubblicato per la prima volta dall’istituto nel 1827.
Agostini, nato a Perugia e laureatosi in medicina e chirurgia a Firenze, si era formato prima nell’Ospedale psichiatrico di San Lazzaro di Reggio Emilia e successivamente nella Clinica psichiatrica universitaria di Heidelberg, diretta da Emil Kraepelin. Dal 1924 fu direttore della Clinica delle malattie nervose e mentali dell’Università di Perugia e dell’Istituto di medicina legale.
A partire dal 1925 la rivista abbandonò il sottotitolo e fu pubblicata più semplicemente come Annali dell’Ospedale psichiatrico provinciale in Perugia, ospitando articoli originali dedicati a studi in campo neuropsichiatrico. Nel 1930 (anno XXVI della sua pubblicazione) Giulio Agostini, figlio di Cesare, subentrò al padre nella direzione.
Con Ferruccio Giacanelli, coordinatore della redazione scientifica a partire dai primi anni Sessanta, la rivista conobbe un periodo di particolare apertura culturale nella prospettiva dell’antropoanalisi e di una più consapevole ricerca metodologica ed epistemologica nella pratica clinica in psichiatria, tanto da dedicare un intero numero (anno  LXI,  vol. 2, aprile-giugno 1967) al Convegno di Firenze dello stesso anno, avente per tema “Valori e limiti della psicopatologia tradizionale”, in cui furono riportati, tra i tanti, gli interventi di Franco Basaglia, Eugenio Borgna, Bruno Callieri, Luigi Flavio Frighi, dello stesso Giacanelli, di Franco Giberti e di Giovanni Enrico Morselli.

Nel 1971, con il trasferimento di Giacanelli a Parma, su sollecitazione di Basaglia, e soprattutto con l’avvio e l’istituzione della Rete territoriale dei centri di igiene mentale nella intera Provincia di Perugia (esito di un allargato processo di riforma assistenziale, alternativo al modello manicomiale, avviato già dal 1965) venne meno l’interesse degli operatori per gli Annali, la cui storia fu nel migliore dei casi ignorata e nel peggiore identificata e stigmatizzata con l’intera vicenda dell’Ospedale psichiatrico in cui era nata.
In questo clima di disinteresse da parte della maggioranza del Gruppo tecnico della psichiatria rinnovata perugina, la rivista, che dal 1966 aveva in Francesco Sediari il nuovo direttore (anno LX, n. 1-2, gennaio-giugno 1966), a partire dal 1973 fu pubblicata per la prima volta anche come Annali di neurologia e psichiatria, mentre nel 1982 e, si potrebbe dire con un certo ritardo sul piano storico, cadde definitivamente ogni riferimento all’Ospedale psichiatrico, passaggio che Sediari argomentò in una Nota ai lettori (anno LXXVI, fasc. 1-2, gennaio-giugno 1982).
Nel 1996 si impose un nuovo e ultimo cambiamento, la nascita del Fascicolo di psichiatria, che risentì, in quanto sezione specialistica degli Annali, delle trasformazioni che i servizi di salute mentale avevano subito e delle esperienze fatte, e in cui si definì per la prima volta un progetto editoriale forte e condiviso, con al centro l’interesse per una teoria della cura e della sua effettiva praticabilità in psichiatria.
Nel 1992 infatti, da primo direttore del DSM di Perugia, Carlo Manuali aveva spronato la psichiatria umbra a recuperare interesse per gli Annali di neurologia e psichiatria, che avrebbero potuto rappresentare uno strumento utile per stimolare, approfondire e confrontare sul piano nazionale la nuova cultura psichiatrica regionale.
E fu sempre Carlo Manuali, nell’aprile 1993, a proporre Francesco Scotti come direttore e Antonio De Pascalis come coordinatore scientifico della redazione, con l’obiettivo di articolare e approfondire anche sul piano teorico quella rete di servizi di salute mentale da poco diventata una realtà sul piano dell’operatività, con la costituzione della struttura organizzativa dipartimentale.
A partire così dal primo numero (anno XC, fasc. 1, gennaio-marzo 1996), il Fascicolo di psichiatria come periodico semestrale è organizzato attorno ad un tema centrale, raccogliendo e pubblicando una serie di interventi preordinati svolti nel corso di un seminario e riportando la conseguente discussione, con il contributo nel tempo, tra gli altri, di Giuseppe Berti Ceroni, Luc Ciompi, Maurizio Ferrara, Giuseppe Germano, Patrizia Guarnieri, Giuseppe Maffei, Alberto Manacorda e Fausto Petrella.
Ogni fascicolo prevede anche riflessioni sul tema del fascicolo successivo, inquadrate come “Finestre sul prossimo numero” e presenta poi alcune rubriche, che costituiscono il secondo nucleo editoriale denominato “Discorsi aperti su…”, in cui si toccano punti salienti della teoria e della pratica psichiatrica (le rubriche più ricorrenti sono “Le Parole della Psichiatria”, “Corsi e ricorsi”, “La qualità possibile”). Una quarta parte del fascicolo è destinata alla pubblicazione di documenti e materiali, mentre una quinta è dedicata alla recensione e alle segnalazioni; infine conclude la pubblicazione un notiziario che segnala incontri di studio, attività di formazione e convegni.

Antonio De Pascalis
25/11/2020

La stampa, pubblicata ne "L'Album. Giornale letterario e di Belle Arti", Roma, 4 maggio 1839, p. 65 raffigura il Manicomio di Santa Margherita, sorto nel luogo dove si trovava un monastero dei Camaldolesi del secolo XI, dedicato a Santa Margherita in Massa Saliarica. Divenne poi residenza di monache benedettine (fino al 1810), poi nel 1815 fu ceduto da Pio VII all'Ospedale Generale di Santa Maria della Misericordia. L’Ospedale Psichiatrico inizia invece la propria attività nel 1824.

Casa centrale dell’Ospedale Psichiatrico Santa Margherita di Perugia, 1910 ca., prima della ristrutturazione voluta da C. Agostini

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Si fa riferimento poi a 3 Volumi della collana SMAS (Studi e Materiali di Antropologia della Salute), denominati Quaderni e aventi come cornice tematica: Per una Storia della riforma psichiatrica in Umbria (www.antropologiamedica.it).
I Quaderni nascono da un progetto editoriale di Ferruccio Giacanelli, progetto che sarà coordinato da Tullio Seppilli, per conto della Fondazione Angelo Celli, che diventerà poi Fondazione Alessandro e Tullio Seppilli. 
(Alle esperienze migratorie dei due Seppilli e di Anita Schwarzkopft Seppilli, a causa delle leggi razziali del 1938,  sono dedicate le pagine a ciascuno di loro intestate nel portale in progress di Patrizia Guarnieri (università di Firenze), Intellettuali in fuga dall'Italia fascista (FUP2023-). https://intellettualinfuga.com/it/elenco_intellettuali)

Il primo Quaderno è di Ferruccio Giacanelli, edito nel Settembre 2014 per la Fondazione Angelo Celli, si intitola “Nascita del movimento antimanicomiale umbro” e ricostruisce a partire dal 1965 gli anni del rinnovamento del modello assistenziale, centrato sull’Ospedale Psichiatrico di Perugia, fino alla costituzione dal 1970 di una reta assistenziale di tipo territoriale, alternativa all’Ospedale e centrata su dieci Centri di Igiene Mentale diffusi nell’intera provincia.

Ferruccio Giacanelli, Assemblea popolare per la Riforma dell’assistenza psichiatrica, Perugia, Sala dei Notari, 1969

Il Quaderno si sofferma alle pagg. 37-40 anche sulla storia della Rivista, all’epoca denominata “Annali di Neurologia e Psichiatria dell’Ospedale Psichiatrico di Perugia”, Annali di cui Giacanelli è stato un animatore culturale, in quanto coordinatore della redazione scientifica dal 1958 al 1972, data del suo trasferimento a Parma su invito di Franco Basaglia in qualità di vicedirettore dell’Ospedale di Colorno, di cui diventerà Direttore a partire dal 1975.

Il secondo e terzo volume di Francesco Scotti, intitolati “Nascita ed evoluzione di una psichiatria di comunità in Umbria” sono pubblicati nel 2022 e nel 2023, sempre presso l’editore Morlacchi, Perugia, come Quaderni della Fondazione Alessandro e Tullio Seppilli. I due Quaderni ripercorrono e ricostruiscono 40 anni di storia di Psichiatria Riformata e di Comunità nella Provincia di Perugia con le relative vicende politiche, culturali e scientifiche.

Il secondo Quaderno, ricostruisce le vicende che vanno dal 1970 al 1990, con il progressivo consolidamento dei CIM nel territorio provinciale, soffermandosi sulle loro caratteristiche e su alcune peculiari differenze e divergenze teoriche.

Il volume approfondisce il progressivo radicamento dei Servizi nel tessuto sociale, alla ricerca di qualche ragione eziopatogenetica e relazionale della sofferenza psichica individuale, ma soprattutto alla ricerca delle tante risorse (con riferimento alle così dette variabili extracliniche del processo di cura e del decorso prognostico), necessarie per confrontarsi sul piano terapeutico e con efficacia nei casi più gravi e complessi, come quelli psicotici.

Francesco Scotti ribadisce quanto Ia trasformazione del sistema di assistenza psichiatrica porterà non solo alla chiusura del manicomio ma anche, e soprattutto, ad interventi finalizzati alla salute mentale, coinvolgendo tutte le strutture che sono potenzialmente luoghi di marginalizzazione ed esclusione (scuole speciali, classi differenziali, istituti per minori e per anziani), stabilendo alleanze con tutte le istituzioni che proponevano una difesa dei diritti dei cittadini.

Il terzo Quaderno, si occupa invece del periodo compreso tra il 1990 al 2010, a partire dall’istituzione DSM (Dipartimento Salute Mentale) di Perugia del 1992, diretto da Carlo Manuali, in quanto sede per la prima volta di confronto progettuale e di coordinamento di tutte le articolazioni operative e interdisciplinari dell’attività psichiatrica, da quelle ambulatoriali a quelle ospedaliere, da quelle psicoriabilitative a quelle che prevedono inserimenti in Comunità terapeutiche.

Il Quaderno fa riferimento anche alla Rivista, dedicando un paragrafo alla “Avventura degli Annali” (ormai solo sezione di Psichiatria) e soffermandosi sulla stagione editoriale più identitaria della Rivista, collegata come è alla operatività del DSM.

Intorno al DSM e agli Annali ruota infatti un progetto più complessivo di confronto teorico e di formazione che dal 1994 si articola in una serie di seminari, aventi come tema culturale generale: “Curare e prendersi cura, per una teoria della cura e di una sua effettiva praticabilità anche nei casi più complessi e gravosi”

Al secondo e al terzo Quaderno SMAS di Francesco Scotti sono dedicate anche due recensioni di cui si ritiene utile per completezza riportare di seguito il testo.
La prima di Paolo Migone è stata pubblicata in Psicoterapia e Scienze Umane 2022, 56, 3: 511-513
La seconda recensione di John Foot è stata pubblicata nel 2023 su AM, AnuAc. Vol. 12, n° 2, Dicembre 2023: 175-178.
Dell’originale testo in inglese è stata fatta una traduzione in italiano che si riporta di seguito.

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Si segnala infine un’iniziativa editoriale della Rivista "Sistema Salute”, Volume 67, Numero 3, del Luglio-Settembre 2023 (www.edizioniculturasalute.com)

La rivista interdisciplinare del Centro Sperimentale per la Promozione della Salute e l’Educazione sanitaria dell’Università di Perugia, dedica l’intero numero monografico al dibattito seminariale svoltosi a Perugia il 14 Ottobre 2022, sui contenuti del “Manifesto per la Salute Mentale” redatto da vari autori e ricercatori e pubblicato a livello nazionale nel Settembre 2021.

Si pubblica pertanto la presentazione al volume scritta da Francesco Scotti.

Si pubblica di seguito anche il testo del Manifesto per la Salute Mentale: “La Cura della Salute Mentale come valorizzazione della persona e difesa della democrazia.”

Si pubblicano infine i contributi di Francesco Scotti e di Antonio De Pascalis, non perché più interessanti di altri, ma perché più collegati alla Storia degli Annali di Psichiatria di Perugia, in quanto gli autori sono stati impegnati attivamente nel lavoro editoriale della Rivista e soprattutto in quanto ripropongono riflessioni collegate ai temi programmatici della Rivista e che, a giudicare da molti spunti sollevati dal Manifesto, conservano a distanza di 25 anni una certa forma di attualità.

I due interventi sottolineano infatti quanto liberarsi dalla logica manicomiale e dal conseguente modello assistenziale abbia significato sul piano storico e scientifico non liberarsi della sofferenza psichica naturalmente, ma liberare da molti condizionamenti e da molte contaminazioni istituzionalizzate l’accoppiamento strutturale tra Sistema dei curati e Sistema dei curanti. Abbia significato in altri termini rendere più libero e “responsabile" l’incontro terapeutico, abbia permesso di restituire più autenticità alla sofferenza psichica e alle sue configurazioni nosografiche e al processo di osservazione dei fenomeni stessi, tanto da predisporre una progettualità terapeutica monitorata e coerente, necessariamente articolata e interdisciplinare, per i casi più gravosi e impegnativi.

Francesco Scotti nel suo articolo “Demanicomializzazione della Malattia Mentale e Costruzione di una Nuova Psichiatria” riflette sulla necessità e sulle caratteristiche di una Psichiatria rinnovata, una volta svelato “l’inganno” etico, politico e soprattutto scientifico della soluzione manicomiale come risposta terapeutica al disagio psichico.
L’incontro terapeutico, al di fuori del fuorviante contesto asilare, ha potuto ritrovare un’indispensabile forma di autenticità per costruire un processo di cura più articolato e complesso e praticabile anche nei casi più gravosi e di tipo psicotico.
La ricerca intorno a una Teoria della Cura per i casi gravi secondo l’autore, non ha solo restituito “speranza tecnica”, ma ha fornito strumenti teorici e consapevolezze sul piano metodologico.
Ha attivato in sostanza un circuito virtuoso tra impegno clinico e teorizzazione, tra cura e conoscenza psichiatrica, per adeguare il processo terapeutico e la risposta dei Servizi nei casi più gravi. 
Più in generale si può dire che ha promosso una cultura terapeutica, interdisciplinare e dipartimentale dei nuovi Servizi psichiatrici nel loro confronto diretto e capillare con la Comunità, con le sue articolazioni istituzionali e le varie forme di sofferenza psichica che essa esprime.
Secondo Scotti si è potuto pensare così utilmente che nessuno è psicotico “del tutto e sempre” e con umiltà si è potuto accettare che il rapporto terapeutico con le sue aspettative, per essere efficace, deve tener conto in modo “sano e condiviso” del contesto e della realtà di vita del paziente.

Antonio De Pascalis si sofferma nel suo contributo “Casi difficili e riflessioni per una canone complesso nella cura in Psichiatria” su una Teoria generale della Cura, dotata di una necessaria cornice di complessità e interdisciplinarietà e tale da poter permettere un confronto operativo anche nei casi più gravosi e di tipo psicotico. 
Ritiene in questa prospettiva piuttosto riduttivo e fuorviante, come si potrebbe evincere dalla lettura del “Manifesto per la Salute Mentale”, pensare che il problema attuale dell’operatività dei Servizi sia tutto nell’egemonia del “famigerato” Modello biomedico e della sua psicopatologia riduttiva, di carattere nosografico-descrittivo. 
C’è anche questo naturalmente, ma non basta auspicare un generico e “automatico” innesto di psicopatologie interpretative e “soggettivanti” come evento di per sé salvifico per l’operatività dei Servizi.
Sul piano storico del resto le stesse psicopatologie interpretative (a orientamento psicodinamico, cognitivo-comportamentale o sistemico-relazionale o altro che fossero) hanno evidenziato tutte un “coefficiente riduzionistico” nel confronto terapeutico con l’esperienza psicotica, finendo per selezionare in sostanza i casi da trattare, e purtroppo i tanti da escludere e da delegare. Ma soprattutto evitando l’impietoso confronto del proprio apparato teorico con le prove di evidenza relative alla praticabilità e all’efficacia della proposta di cura avanzata, a costo di trascurare i dati osservati in ossequio alla Teoria della cosiddetta riduzione della Dissonanza cognitiva.  
Le cosiddette psicopatologie interpretative sono quindi solo condizione necessaria ma non sufficiente per elaborare una Teoria della cura e della psicosi, condizione necessaria che richiede ulteriori sforzi tanto in direzione metodologica che in direzione teorica. 
E’ richiesta sul piano del metodo infatti una disponibilità tecnica ad alcune “curvature”, sopratutto in termini di configurazione del setting clinico: il setting terapeutico con lo psicotico è da intendersi come una “disposizione implicita” a costruire e preservare nel tempo un’area mentale e relazionale di contatto e dotata di una qualche forma di coerenza, nel tentativo di difinire e di dare un senso sempre più condiviso all’esperienza. 
Non molto di più e di sicuro molto di meno di quello che si definisce un “contratto” terapeutico per gli ovvi motivi legati almeno a tre fattori: alle caratteristiche quantomeno “contorte” e ambivalenti dell’eventuale richiesta di aiuto; alla configurazione più spesso di un’area psichica intersoggettiva, e non sufficientemente individuata, di sofferenza con cui si è costretti a confrontarsi sul piano clinico; alla necessità infine di dotarsi di un dispositivo di cura sufficientemente articolato e interdisciplinare per poterla fronteggiare con qualche forma di praticabilità effettiva e di efficacia.
Sul piano teorico è richiesta invece una disponibilità tecnica a forme di “contaminazione” per rappresentarsi in modo adeguato il processo di sviluppo psicologico individuale e alcune sue deviazioni disfunzionali con alcuni tratti ricorrenti sul piano formale e di pensiero.
In questa prospettiva l’autore propone il concetto di Funzione Riflessiva del Sé, come formulata da P. Fonagy, come punto di possibile convergenza tra psicopatologie di diverso orientamento e anche di acquisizioni teoriche in campo neurobiologico, e come possibile ponte tra la dimensione affettiva e la dimensione cognitiva dell’esperienza individuale. 
Si tratta di un concetto utile per rappresentarsi come detto l’esperienza psicotica, ma utile soprattutto per orientare l’intervento delle varie figure professionali impegnate valutandolo in termini di maggiore o minore competenza del paziente di governare la propria esperienza; competenza intesa soprattutto come capacità di spostarsi da un registro più “fisico” e più “emotivo” a un registro più “mentale” e più “verbale”, per dare senso a quello che accade e a quello che si prova e per relazionarsi. 
Non dovrebbe sorprendere dunque il particolare interesse dimostrato dall’autore per la parabola scientifica e professionale di tre studiosi (italiani per formazione e stranieri per esperienza e affermazione professionale) come Silvano Arieti soprattutto, ma anche Gaetano Benedetti e Carlo Perris, di formazione psichiatrica e psicoterapeutica insieme, che intorno agli anni ’50 esplorano da pionieri, e con un impegno terapeutico anche in campo istituzionale, l’universo psicotico con la necessaria forma di eclettismo teorico e di elasticità metodologica.

Anche a Silvano Arieti è dedicata una scheda nel già citato sito a cura di Patrizia Guarnieri https://intellettualinfuga.com/it

Silvano Arieti.


Francobollo emesso nel 2014 dalle Poste Italiane in occasione del centenario della nascita
A cura dell’Istituto Poligrafico.

Antonio De Pascalis, 21 Dicembre 2023